“Ceci n’est pas une pipe.” Protagonista del surrealismo, René Magritte, con la sua famosa pipa e la tagliente frase “questa non è una pipa” schiaffeggia il pubblico: la raffigurazione di una pipa, per quanto realistica, potrà mai essere una pipa? Il nome la definisce, ma è la copia di una copia, direbbe Platone, un’immagine: non c’è uso, manca l’oggetto. Restiamo, dinanzi a questo quadro, perplessi e non salvati: il surrealismo è così.
Arte e filosofia si abbracciano spesso: dubbi e bellezza, pensiero e piacere, rigore scientifico e divertissement. Un gioco intellettuale che nasconde -mica tanto- inquietudini e necessità di un mondo finito e turbato nelle radici; eppure vivo, carico di bellezza e denso di possibilità. Cerchiamo di dare definizioni, mentre è il tempo stesso, sfuggendoci, che ci impedisce di trovare soddisfazione.
La pipa Alinetu non è affatto surrealista -o forse sì? – ma è sicuramente filosofica. Daniele Carbini, tra le sue innumerevoli attività intellettuali e non, è anche un abile pipemaker. Una pipa Alinetu non è solo un oggetto stiloso per estimatori e fumatori, è molto di più: è pensiero e sentimento divenuti forme, colori e linee accattivanti, nasconde e svela filosofia, tanta. Necessità di pensiero e di eternità. Quanto Nietzsche può star dentro una pipa? Quanto Heidegger?
Con Daniele spesso discutiamo sui temi più improbabili; il nostro è un battibecco ironico, una danza filosofica, dove necessariamente io devo nominare Hegel e lui deve picchiarlo. Un gioco, appunto.
«Ti intervisto sulle pipe Alinetu».
«Va bene, fammi domande».
Ecco, così è nata questa chiacchierata; Daniele è un pipemaker e quindi parliamo di Heidegger e anche un po’ di radica.
Cosa è una pipa?
Ah ah ah ah ah ah ah
Fai da bravo!
Io rispondo alle domande ma non chiedermi di fare anche da bravo, non ce la posso fare.
Dai, rispondi…
Hai fatto subito la domanda più difficile di tutte. Chiedermi che cosa è una pipa è come chiedermi “che cos’è metafisica?” nel senso di heideggeriano della questione. Per me una pipa è una questione aperta che mette in discussione la totalità dell’esserci, lo smarrimento e la radura luminosa.
Per te viene prima Heidegger, la filosofia, o prima la pipa?
Ti sembrerà incredibile, ma viene prima la pipa. Passione che inizia a 17 anni quando mio padre mi regala una pipa artigianale presa in una fiera dell’artigianato a Olbia. Spera in questo modo di farmi evitare le sigarette, senza riuscirci, perché ne fumerò 40 al giorno per trent’anni.
Ma “Che cos’è metafisica?” l’ho comprato prima della pipa, leggevo la prima pagina e non la capivo, la rileggevo e non la capivo. Non avevo gli strumenti necessari per affrontarlo, cosa che avviene il primo anno universitario.
Adesso potresti dare una risposta alla domanda: cos’è la metafisica?
Dopo essermi ammalato verso i trent’anni ho capito cosa voleva veramente dire Heidegger, perché l’ho sentito inciso nella carne e non solo nelle parole. Oggi ho nuovamente dubbi in merito.
Heidegger ha soddisfatto la tua esigenza?
Se un pensatore qualsiasi avesse soddisfatto pienamente la mia esigenza non avrei niente da cercare. No, non lo ha fatto.
E non faresti neanche le pipe…
Esatto. Cerco sempre la pipa “perfetta”, quella che riesca a racchiudere pienamente la mia visione del mondo. Spero di non trovarla mai, ma di avvicinarmi sempre più.
Come nasce una pipa?
Una pipa nasce da un lungo studio di linee su carta, la disegno in continuazione, cercando equilibrio, armonia, eleganza e senso di movimento. quando mi sembra di avere trovato questo equilibrio allora faccio una ricerca nella radica che si sposi a quelle linee. Questo perchè ogni pezzo di radica ha venature proprie e uniche e bisogna essere fedeli ad esse, saperle assecondare.
Bisogna avere l’approccio di Pollock in pittura. Ovvero entrare in contatto e condivisione con l’oggetto che si sta lavorando, una sorta di danza dionisiaca.
Quindi è la forma che si adegua alla materia e non il contrario?
Entrambe le cose, le più belle e che hanno trasmesso le maggiori emozioni nell’osservatore sono nate direttamente nella radica: le linee le ho viste direttamente nel legno. Forma e sostanza devono fondersi in un insieme unico.
