Oristano.
Nella polvere dorata di via Duomo, tra tamburi che battono come un cuore antico e irrequieto, i cavalieri mascherati fendono l’aria al galoppo. Le redini strette tra le dita, il fiato teso, si lanciano a testa bassa contro una stella sospesa nel vuoto.
È la Sartiglia, la giostra più antica e misteriosa della Sardegna. Un rito che profuma di Medioevo e sa di ferro, cera e sudore. Una corsa che attraversa i secoli e ogni anno si accende come un fuoco sacro nell’anima degli oristanesi.Non è solo spettacolo. Non è folclore. È fede. È superstizione. È mito.Dietro quelle maschere rigide, immobili come il destino, si cela una tensione silenziosa, quasi mistica. I cavalieri non cavalcano per la gloria o per il pubblico. Corrono per un ordine più grande, per una voce antica che li chiama. Ogni gesto, ogni spinta del cavallo, ogni affondo alla stella è un’offerta.
Al centro di questo rito sta una figura che non appartiene più al mondo degli uomini. È il Capocorsa, colui che guida, colui che porta il peso e l’onore. Viene scelto, investito secondo un’antica cerimonia segreta. Da quel momento, cambia.Diventa Su Componidori. E da quel momento non potrà più toccare terra fino alla fine della corsa. Non è più uomo, né donna. È qualcosa di altro.Simbolo di fertilità, protezione, forza e rinascita. Custode del sacro e del profano.Il suo primo gesto è un atto solenne: brandisce su stoccu, la spada cerimoniale, e si lancia contro la stella sospesa. Se la colpisce e la trafigge, sarà un anno prospero.
Se fallisce, un’ombra cadrà sulla città.Poi consegna la spada. E la corsa può cominciare.Nel fragore degli zoccoli, tra applausi trattenuti e occhi col fiato sospeso, i cavalieri si sfidano alla sorte. Il destino è appeso a un cerchio di metallo che ruota lento. Il galoppo è rabbia, è preghiera, è danza.Ma è solo nel finale che accade il miracolo.Su Componidori, ancora in sella, si piega completamente all’indietro, il busto orizzontale, il volto rivolto al cielo, le braccia aperte.Galoppa in quella posizione impossibile, quasi disumana.
E benedice il popolo con su ‘ramu, un mazzetto di pervinche e viole.È un gesto che vale un anno. Una vita. Un’eredità.Perché la Sartiglia non è solo una corsa.
È un ponte tra terra e cielo.E in quel giorno sacro, Oristano smette di appartenere al tempo. E si inchina
Firmato Michela Mancini

