Famiglia e famiglie, le tecnologie riproduttive, prosegue la chiacchierata con l’antropologa Corinna Sabrina Guerzoni, che si occupa di tecnologie riproduttive, di nuove forme di famiglia e di genitorialità e, con i suoi studi, ha esplorato la procreazione assistita in Italia, la surrogacy negli USA e attualmente, presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Bologna, dove lavora, sta conducendo una ricerca socio-antropologica sul fenomeno dell’embriodonazione.
Se non l’avete ancora fatto, vi invitiamo a leggere il primo articolo, pubblicato qualche giorno fa, e a proseguire con questo nuovo articolo.

In cosa consiste l’embriodonazione?
L’embriodonazione è una pratica che rientra nel perimetro della fecondazione assistita e che consiste nell’uso di embrioni crioconservati o embrioni creati ad hoc da donatori per coppie e single. Faccio un esempio concreto, una donna single decide di diventare madre, ma la sua riserva ovarica non glielo consente così come la mancanza di un compagno. Lei potrà accedere a programmi di embriodonazione all’estero e accogliere nel suo ventre un embrione precedentemente creato e crioconservato per altri cicli di fecondazione assistita. In questo caso faccio notare alcune questioni interessanti. Vi è un’assenza di connessione genetica tra la donna e l’embrione, ma vi è una connessione biologica o di pancia (la gravidanza). Vi sarà poi il parto e le successive azioni di crescita e di cura. Per alcuni lei non potrebbe essere definita madre, per altri invece lo è. La fecondazione assistita mette in crisi i nostri modelli culturali e ci spinge a riflettere su questioni che toccano la realtà di tutti noi. Chi può essere definito genitore? La connessione genetica sola basta? La realtà delle persone che accedono alla fecondazione assistita e alle adozioni ci dicono altro. Ma il modello dominante è ancora difficile da scardinare o semplicemente da pensare in modo diverso.

Sono temi attuali e molto sentiti. In quali stati si pratica la fecondazione assistita?
La fecondazione assistita è praticata su scala globale, anche se esistono leggi locali che ne regolamentano usi e accesso. Ad esempio, in Italia esiste la legge numero 40/2004 che regolamenta l’accesso alla PMA (procreazione medicalmente assistita) solo a coppie eterosessuali conviventi o sposate, escludendo single e omosessuali. In altre realtà europee, la PMA è accessibile anche a single e a coppie di donne, come nel caso spagnolo. È necessario spostarsi in contesti extraeuropei per coppie/single gay. È un panorama molto complesso.

Quindi, una donna italiana non sposata e non convivente o lesbica, in Italia, non ha accesso alla fecondazione assistita?
No, in Italia non è possibile avere accesso alle tecniche essendo single e/o omosessuali. Una donna single o convivente con un’altra donna dovrà necessariamente volare all’estero per accedere alle tecniche riproduttive. Ad esempio, Spagna, Belgio, Danimarca, solo per citarne alcune.
Mi preme fare una comparazione qui per mostrare quanti pregiudizi esistano dietro queste pratiche.
Una coppia eterosessuale può accedere alla PMA in Italia e questo servizio è coperto dal sistema sanitario nazionale. La coppia eterosessuale può accedervi e se il “problema” è il seme, si utilizzerà il seme di un donatore. Prendiamo ad esempio una coppia di donne che debbano anch’esse utilizzare il seme di un donatore, come nel caso della coppia eterosessuale. Questo non è permesso in Italia. La coppia di donne dovrà volare all’estero e accedere alla PMA nel settore privato. Alla base vi è la stessa pratica, l’uso del seme di un donatore; la diversità sta nel fatto che la legge italiana prevede l’accesso a coppie eterosessuali (per tornare ad una domanda precedente, vi è ancora una volta l’idea che alla base di una famiglia vi debbano esistere un uomo e una donna).
La stessa cosa per le donne single. Se una donna single decide volontariamente (madre di intenzione) di diventare madre con la fecondazione assistita verrà probabilmente tacciata di egoismo (“metti al mondo un figlio solo per un tuo desiderio”) ma se la stessa donna diventa madre in modo “accidentale” e decide di crescere da sola un figlio (ragazza madre) allora sarà una madre coraggio.

Quanti pregiudizi! Pregiudizi che è difficilissimo scardinare!
Le condizioni che inducono alle persone a ricorrere alla fecondazione assistita ne mettono in luce moltissimi, per questo dico che può essere usata come lente per leggere altri fenomeni.

Dove ti sei formata e dove hai condotto e conduci le tue ricerche?
Mi sono formata in Italia, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ho conseguito un dottorato facendo ricerca sulla procreazione assistita tra Italia e California. Ora sono Assegnista di Ricerca presso l’Università di Bologna e mi occupo del fenomeno dell’embriodonazione, prevalentemente tra Italia, Spagna e Repubblica Ceca.

La nostra chiacchierata proseguirà nel prossimo articolo, che sarà pubblicato tra qualche giorno.