La guerra in Ucraina e i ricatti sull’energia dalla Russia hanno portato alla ribalta un problema davvero mai affrontato in Italia e in Europa, quello della dipendenza energetica dai carbon fossili, altamente inquinanti in atmosfera e prodotti da fonti non rinnovabili. Tutti noi in questo periodo ci chiediamo come possiamo renderci indipendenti dai governi stranieri e da dittatori poco rispettosi dei diritti umani e allo stesso tempo minimizzare le emissioni di gas climalteranti.
La rivoluzione energetica, fino a qualche mese fa ipotizzata, richiedeva un intervento coordinato ed integrato che permettesse una lenta evoluzione e non un improvviso salto in avanti come oggi ci viene chiesto. Probabilmente, quello che è mancato fino a oggi è stata una chiara volontà e il coraggio della politica di indirizzare l’economia verso un sistema a basse emissioni di carbonio, con produzione decentrata e una strategia articolata e coordinata di supporto. Ma vediamo insieme – al di là degli interventi tampone e temporanei – quali strade sono possibili per il futuro prossimo nelle politiche energetiche.
Più coerenza con il fotovoltaico. In Italia per anni, è stata fatta la guerra ai pannelli fotovoltaici come deturpatori del paesaggio e gli stessi incentivi al fotovoltaico sono stati poi bollati come “un invito diretto per fomentare interventi speculativi”, senza mezze misure, senza considerare le famiglie e le persone oneste alla ricerca di valide alternative energetiche. Oggi esistono tante tecnologie che permettono l’installazione del fotovoltaico con impianti, anche in facciata, ben performanti e integrabili dal punto di vista architettonico. Certamente il paesaggio deve essere tutelato ma serve coerenza e soprattutto serve ripensare la produzione energetica, direttamente collegata ai luoghi di consumo. Un grande piano di investimenti per dotare gli edifici pubblici di impianti fotovoltaici potrebbe essere il primo passo, anche se non l’unico.
Le comunità energetiche: Sardegna apripista. Un’altra possibilità per auto produrre energia in loco e accumulare i picchi di produzione, per poterli poi ridistribuire, è quello di favorire le comunità energetiche. Una comunità energetica è un’associazione tra cittadini, attività commerciali, autorità locali o imprese che si dotano di impianti per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili e per il loro stoccaggio. Tutto questo avviene attraverso la diffusione di sistemi di smart grid che permettono di gestire in maniera efficiente picchi di produzione di alcuni impianti e di reindirizzarli laddove c’è un deficit. In questo processo si può riutilizzare anche il calore emesso in determinate produzioni, spesso dimenticato nelle politiche energetiche.
In Italia esistono diversi esempi di comunità energeticamente indipendenti, così come in Sardegna, a Villanovaforru e a Ussaramanna, Benetutti e Borutta. Tutti esempi che andrebbero sostenuti e ampliati con l’ausilio di una normativa via via più chiara ed accessibile, con contributi economici per le famiglie e le imprese, sostenendo anche la ricerca universitaria ed industriale per permettere di risolvere le criticità ancora esistenti (come quelli legati allo smaltimento e recupero delle batterie di accumulo e dei materiali che le costituiscono o allo sviluppo dell’idrogeno su cui alcune nazioni stanno investendo in maniera cospicua).
Nel campo della mobilità sostenibile, servirebbero investimenti in mezzi ecologici che usano energia creata dalla trasformazione dei rifiuti cittadini o da impianti fotovoltaici costruiti su impianti ed edifici cittadini. Come ad esempio, gli spazi occupati da parcheggi non coperti che sono immense isole di calore che potrebbero essere trasformati in parcheggi coperti da pannelli fotovoltaici. Servirebbe inoltre anche un piano per la diffusione di colonnine pubbliche di ricarica dei mezzi elettrici ricaricati anch’essi da pannelli fotovoltaici in isola o integrati.
In questo senso, serve un serio e veloce adeguamento delle competenze, rendendo l’efficienza energetica, la generazione distribuita e la bioedilizia la norma quando si costruisce e non l’eccezione. Troppo spesso ancora oggi chi vuole investire in questo senso ha difficoltà a trovare dei professionisti che lo supportino, eppure, in base alla Direttiva Europea 31/2012 e al Regolamento Europeo 244/2012, a partire dal 2021 tutte le nuove abitazioni devono essere passive.
Vania Statzu, vicepresidente Medsea