Durante i festeggiamenti del 160° anniversario dell’Unità d’Italia, la statua di Eleonora d’Arborea, simbolo identitario sardo, fu illuminata con luci tricolori.
Ho chiesto a Nicola Gabriele, docente di lettere presso il Cpia di Cagliari, Centro Provinciale per l’istruzione degli adulti, e studioso dell’età risorgimentale e della Sardegna moderna e contemporanea, di raccontare la storia della statua e più in generale di affrontare temi storici. Tra i suoi studi: Scegliere la patria. Classi dirigenti e Risorgimento in Sardegna (2011), Ponti di carta. Giornalismo e potere nella Sardegna dell’Ottocento (2012).
Se non l’avete ancora fatto, vi invitiamo a leggere il primo articolo, pubblicato qualche giorno fa, e a proseguire con questo nuovo articolo.

Nicola Gabriele, storicizziamo la statua di Eleonora D’Arborea presente ad Oristano. Ci racconti brevemente la sua storia?
La statua è opera di due artisti fiorentini, lo scultore Ulisse Cambi e l’architetto Mariano Falcini e forse originariamente non doveva rappresentare Eleonora, ma l’Italia; ciò è evidente dal viso della statua che non riprende le fattezze della giudicessa, sulle quali esistono varie teorie che lasciano un alone di mistero sui suoi reali caratteri somatici.
Quell’iniziativa che giunse a compimento nel 1881 fu fortemente voluta dalla nobiltà oristanese e dagli ambienti massonici; ebbe ben tredici anni di gestazione e fu il punto di arrivo di un lungo periodo di “Eleonoromania” in Sardegna, che portò ad un abuso del nome della giudicessa, assegnato ad opere musicali, ad una delle prime locomotive sarde e addirittura ad elisir febbrifughi. L’inganno delle false Carte d’arborea, che dipingevano un passato mitico per l’isola facendola apparire fin dal medioevo come una delle culle del volgare italiano, aveva conquistato buona parte dell’opinione pubblica, spingendo anche Cattaneo e Mazzini a interessarsi della storia e delle condizioni sociali del popolo sardo.
Il monumento fu patrocinato in prima persona da Antonio Giuseppe Satta Musio, uno dei più influenti esponenti massonici cagliaritani, che per l’occasione venne soprannominato Brancaleone, dal nome di Brancaleone Doria, marito di Eleonora.

Questa è una storia sconosciuta ai più. È evidente come le statue mutino il loro significato nel corso del tempo. Capita, sovente, che vengano decapitate ed abbattute. Qual è il punto di vista dello storico?
Intanto bisogna fare una doverosa premessa. Questo è un argomento importante e delicato e che andrebbe affrontato senza retorica, proprio come andrebbero affrontati tutti i temi e i paradigmi della storia. Tuttavia questo è difficile perché ogni evento, notizia o semplice fatto oggi vive una sua mediatizzazione, anzi esiste proprio perché è veicolato dai media, e in questi tempi in particolare dai social, che deformano, mistificano e manipolano tutto. Anzi, forse bisognerebbe dire che molti di questi atti avvengono proprio in funzione della loro mediatizzazione e spettacolarizzazione.
Entrando poi nel merito le opinioni a riguardo possono essere tante e differenti, almeno quanti sono i contesti e le situazioni da analizzare.
La storia è prodiga di congiunture in cui statue e monumenti sono stati oggetto di abbattimento o devastazione. Questo avviene in quasi tutte le circostanze in cui ad un governo o a un modello culturale se ne sostituisce un altro. La funzione dei monumenti è proprio quella, di attivare la memoria su un modello identitario più o meno condiviso. Una statua è un modello per una cultura e una società.

La spettacolarizzazione potrebbe essere una tra le molteplici cause di alcune rivolte o di alcune richieste?
Le cause sono altre e vanno ricercate nei noti fatti di cronaca nera, ma di sicuro il fenomeno mediatico che si è creato intorno ne ha consentito un’ampia diffusione.

In che senso?
Atti dimostrativi come quelli a cui abbiamo assistito hanno la necessità di essere ostentati e divulgati il più possibile per poter avere un senso, ma allo stesso tempo il fatto di poter filmare e mandare in diretta tutto ciò ha una funzione mediatica fortissima perché viene visto e recepito da chi molto spesso non ha strumenti per poterne capire il senso e le motivazioni più profonde.

Ritorniamo, più in generale, sul discorso dell’abbattimento delle statue nella storia.
Quando un dittatore cade le statue e i suoi simboli vengono abbattuti e ciò dimostra che quei valori non erano condivisi, ma un conto è se questo accade all’indomani del crollo di un sistema autoritario (Gheddafi, Saddam Hussein, Mussolini), altra cosa è se avviene a distanza di anni o secoli legando mediaticamente le motivazioni di una triste vicenda di cronaca nera a ideali e modelli storici incarnati da statue e monumenti.
Anche quando in Italia all’indomani del fascismo vennero abbattuti molti simboli del fascismo, molti italiani non ne furono contenti, perché buona parte del paese si riconosceva in qualche modo nel fascismo, o quantomeno temeva di allontanarsi da un ideale senza averne uno nuovo di riferimento. La stessa cosa si potrebbe dire per gli iracheni che assistono all’abbattimento della statua di Saddam Hussein da parte dei Marines.
Se noi ritorniamo agli anni successivi all’unità d’Italia le piazze delle nostre città si sono riempite di monumenti a Garibaldi, Vittorio Emanuele, Cavour (magari Mazzini un po’ meno), come se quelli fossero i padri della patria. Ma oggi neppure ricordiamo che il 17 marzo è la ricorrenza della proclamazione dell’Unità nazionale. Forse proprio in Italia le statue non riescono ad assolvere al loro compito di costruzione dell’identità nazionale. Semplicemente dopo l’Unità nazionale viene fatta una narrazione della storia. E le statue che invadono le piazze delle nostre città ne sono la testimonianza materiale.
Peraltro sarebbe bene ricordare che le statue e le opere d’arte in generale non sono state solo abbattute nella storia, ma in alcuni periodi sono anche state rievocate per contribuire all’affermazione di nuove sensibilità culturali e politiche (basti pensare al neoclassicismo e alla polemica tra classici e romantici).

Con Nicola Gabriele vi diamo appuntamento tra qualche giorno per proseguire la nostra chiacchierata storica.