In questo nuovo approfondimento con Nicola Gabriele, docente di lettere presso il Cpia di Cagliari, Centro Provinciale per l’istruzione degli adulti, e studioso dell’età risorgimentale e della Sardegna moderna e contemporanea, parliamo dei Savoia e delle loro politiche in Sardegna.
Se non l’avete ancora fatto, vi invitiamo a leggere i primi due articoli, pubblicati qualche giorno fa, e a proseguire con questo nuovo articolo.

Nicola Gabriele, nei precedenti articoli, abbiamo parlato di identità nazionale e di narrazione della storia; è proprio in questo contesto che in Sardegna è forte il desiderio di togliere dalle piazze le statue dei Savoia.
È difficile paragonare la questione dell’abbattimento delle statue in America, dove il tema è quello della schiavitù, con la situazione italiana o sarda.
I Savoia, tanto vituperati, hanno avuto meriti e demeriti nella gestione del governo della Sardegna. Certamente senza i Savoia la Sardegna non avrebbe potuto godere di una modernizzazione e di una crescita culturale che si verificò tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento. Quell’amministrazione traghettò una Sardegna che era un fossile feudale dentro la modernità. Purtroppo nell’opinione comune ci resta ben poco di quel rinnovamento. E di questo è causa la scarsa conoscenza della storia locale e regionale da parte dei sardi.
È curioso che infatti il focus si sia concentrato sulla figura del “tiranno” Carlo Felice, noto solo come un sanguinario repressore, ma che ebbe tra le varie cose il merito di riavviare un progetto organico sulla viabilità in Sardegna, che ancora rimaneva ferma all’epoca romana. A mio avviso il senso non dovrebbe essere quello di spostare le statue, tantomeno di abbatterle o danneggiarle, ma di impegnarsi per conoscere meglio la storia.
In ultimo una piccola provocazione…. Nessuno oggi si sognerebbe di abbattere la statua di Eleonora ad Oristano; ma questo solo perché la buona parte degli opinionisti da tastiera non conosce le ragioni e il contesto storico che portarono alla sua creazione.
Che reazione ci sarebbe se si sapesse che quella statua venne offerta alla comunità dalle logge massoniche che cercavano in quel modo un’affermazione politica e culturale?

Hai parlato di meriti, ma quali furono i danni che i Savoia fecero in Sardegna, quali sono i loro demeriti?
Non è semplice rispondere a una domanda come questa perché in circa un secolo e mezzo, dagli anni venti del Settecento alla seconda metà dell’Ottocento, vennero adottate molte differenti politiche da parte del governo di Torino e ogni sovrano ebbe una sua personale linea di intervento nei confronti dell’isola. Forse fu proprio questo uno dei limiti maggiori, quello di non aver saputo condurre in modo organico e progressivo quel tipo di modernizzazione di cui la Sardegna aveva estrema necessità.
Si alternarono, senza coerenza e sistematicità fasi di analisi e studio del territorio a periodi di lucido riformismo (come quello del Ministro Bogino) che però non seppero contrastare in modo efficace la deformità di un regime feudale che condizionò e rallentò in modo decisivo lo sviluppo economico isolano.
Tutte le riforme istituzionali della prima metà dell’Ottocento servirono solo a riallineare la legislazione sarda a quella di Terraferma, ma non furono calibrate su quelle che erano le specificità e le reali esigenze della popolazione sarda.

Le riforme non furono calibrate sulle specificità e sulle reali esigenze della popolazione sarda, ad esempio, il parlamento sardo non fu mai interpellato. Un’altra esigenza è quella di modificare i nomi delle vie intitolate ai Savoia, non per cancellare la storia, ma per scegliere di dare merito e di essere rappresentati da altri riferimenti culturali.
È utile e prezioso ascoltare le ragioni di un’amministrazione che intende modificare il nome di una via; penso che se si fa una scelta di carattere politico-culturale, motivandola questa possa e debba essere ascoltata e analizzata. Tuttavia la storia non si cancella come un nome su una via. Al contrario le città sono piene di targhe e monumenti di cui nessuno conosce l’origine e l’identità. Di questo dovrebbe occuparsi un’amministrazione. Fermo restando le buone intenzioni di ciascuno.
A Cagliari esistono strade come Via Asproni, Via Sulis o Via Angioy che, per la loro collocazione nel tessuto urbano, non rendono merito ai personaggi a cui sono state intitolate. Anche queste furono a suo tempo ragioni di carattere politico volte a ridimensionare il ruolo di alcuni sardi rispetto a figure provenienti dagli ambienti governativi di Torino.

È necessaria una maggiore conoscenza della storia. Una storia di qualità.
Sicuramente quello che manca in Sardegna è un’attenzione non tanto alla storia, ma ad un criterio con cui andrebbe studiata e scritta la storia stessa.
È chiaro che se in Sardegna a fare mercato sono solo testi che cercano di rappresentare un passato mitico e fastoso di una Sardegna-Atlantide o se si cerca di supplire alle carenze di documenti con ipotesi azzardate sulle origini della civiltà nuragica, non si rende un buon servizio alla storia sarda e più in generale agli studi storici, perché non va dimenticato che la storia è sempre storia, anche quando appare come storia locale.
È comprensibile che molte case editrici puntino su questo tipo di narrativa e di narrazione storica, per ragioni commerciali. Questo però non significa che sia anche condivisibile. Per fortuna oggi esistono studiosi che cercano di affrontare il tema con la opportuna metodologia, anche se questo tipo di studi rimane ancora circoscritto in ambito accademico e stenta a diffondersi negli ambienti culturali.

Con Nicola Gabriele vi diamo appuntamento tra qualche giorno per proseguire la nostra chiacchierata storica.