(Il Sinis, scatto di Egidio Trainito)
Che sia un patrimonio da difendere, in base anche alle cronache dei nostri tempi, dovrebbe essere affermazione largamente condivisa. Ma l’ambiente ha anche un valore economico e a dirlo sono i dati. La Strategia dell’Unione europea sulla biodiversità per il 2030 riporta che dipende dalla natura più della metà del prodotto interno lordo globale, ossia una cifra attorno ai 40 trilioni di euro. “In realtà tale valore sottostima sia il valore intrinseco della natura, che valori come quello culturale che non sono immediatamente monetizzabili. Così come spesso non si tiene conto adeguatamente dei benefici indiretti derivanti da una natura in buono stato, come gli effetti positivi sulla salute degli individui che si riflette in una riduzione delle spese sanitarie pubbliche”, spiega Vania Statzu, vicepresidente di Medsea (Mediterranean Sea and Coast Foundation). La fondazione ha intrapreso una collaborazione con BirdLife International all’interno del Progetto Maristanis per la valutazione monetaria di alcuni dei servizi ecosistemici forniti dalle terre d’acqua dell’Oristanese.
LO STUDIO IN CORSO. La ricerca ha una grande rilevanza per la Sardegna e tutti gli assertori che l’isola possa vivere di turismo alla luce dei dati Eurostat. L’ente europeo aveva infatti già identificato i servizi ecosistemici forniti da sette ecosistemi comuni in Europa (foreste, zone umide e aree urbane) e stimato un valore pari a 172 miliardi di euro nel 2012 incluse le attività di ricreazione, produzione agricola e purificazione dell’acqua. L’indagine in corso restituisce un quadro estremamente positivo già nella prima fase, svolta sui servizi ecosistemici forniti dallo stagno di S’Ena Arrubia e in particolare sui servizi ecosistemici di approvvigionamento di cibo, quelli legati al turismo e agli usi ricreativi e quelli culturali.
ALLA PROVA DEI DATI. “I risultati più importanti indicano che l’aumento della qualità ambientale, una gestione più puntuale dell’area e una maggiore offerta di servizi ambientali associati alle attuali attrattive turistiche possono determinare un aumento del valore ricreativo del 25 per cento, misurato come disponibilità di turisti e visitatori a tornare nell’area o a visitarla per la prima volta e a sostenere le spese della visita” scrive Vania Statzu in un’editoriale della newletter Medsea. Ma non è tutto: “Il miglioramento della qualità ambientale, attraverso la riduzione degli elementi che inibiscono la produttività ittica, la valorizzazione economica di alcune specie aliene edibili e la valorizzazione turistica delle attività e del compendio di pesca possono incrementare il valore economico della pesca fino all’85 per cento. Questo mostra che migliorare la gestione e la valorizzazione delle zone umide può determinare un incremento del valore ambientale e di conseguenza di quello economico ad esso associato”.
LA NATURA CREA LAVORO. L’economista ambientale cita gli studi della Commissione Europea, dove la stima dei benefici derivanti dai siti della rete Natura 2000 si aggira sui 200-300 miliardi di euro all’anno, di cui la cifra relativa alle attività turistiche e ricreative oscilla tra i 5 e 9 miliardi di euro all’anno. C’è poi il discorso occupazionale. “In Europa si stima che circa 4,4 milioni di posti di lavoro e 405 miliardi di euro di fatturato annuo siano direttamente legati alla conservazione e preservazione di un buono stato ecologico degli ecosistemi, una parte significativa dei quali è inclusa in uno delle centinaia di siti Natura 2000”, conclude la ricercatrice, che invita alla riflessione: si tratta di numeri importanti.
Manuela Vacca
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