Il 14 gennaio 2022 è una data molto importante per l’ambiente, per il mare e per la nostra salute. È scattato il divieto di immettere al consumo i prodotti in plastica monouso. Un punto di svolta verso quel nuovo modello di economia circolare che l’Europa ha scelto di perseguire già dalla direttiva (Ue) 2019/904. Il divieto è contenuto nell’articolo 5 del Dlgs 196/2021 e riguarda i prodotti cosiddetti “Sup-single use plastics”, tra cui bastoncini cotonati; posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande, contenitori per alimenti in polistirene espanso, etc.) inclusi tutti i prodotti in plastica oxodegradabili (cioè contenenti additivi chimici per la frammentazione, principali responsabili delle microplastiche in mare). La vendita di questi prodotti è consentita solo fino all’esaurimento delle scorte e solo se si dimostra che l'acquisito è anteriore rispetto all’entrata in vigore del suddetto divieto.

Consentita invece la vendita di prodotti biodegradabili e compostabili, conformi alle norme Uni En 13432 o Uni En 14995 con percentuali di materia prima rinnovabile uguali o superiori al 40% (dal 2024 diventerà 60%). Basterà tutto questo per “risolvere” il problema del “marine litter”, ovvero della spazzatura
marina, quel tipo di rifiuti che sono stati dispersi volontariamente o involontariamente in mare e lungo le coste, di cui oltre il 90% proprio plastica prodotti SUP? Oggi si stimano tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche, a cui si aggiungono le 70 e 130 tonnellate di microplastiche, particelle minuscole di plastica, oramai invisibili, le più pericolose per la salute della fauna marina e per l’uomo.

Abbiamo chiesto a Piera Pala, avvocato ambientale e co-founder Medsea, fondazione che opera in Sardegna e nel Mediterraneo per il ripristino e la tutela degli ecosistemi marino-costieri di darci una sua opinione sul tema. “Certamente questa normativa contribuirà considerevolmente a diminuire la quantità di rifiuti che ogni anno si riversa in mare ma il problema non si risolve qui – spiega l’avvocato Pala – essere ripensati i modelli di produzione, erogazione dei servizi e di consumo, l’ingegneristica degli imballaggi e dei materiali, e questa sarà la grande sfida di questo decennio”.

Proprio su questo la Fondazione Medsea ha lavorato negli ultimi anni. Nel 2019, in assenza di prescrizioni legislative ha promosso il programma “Bar for the Sea” dedicato ai bar-ristoranti della spiaggia del Poetto di Cagliari, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale dei bar e ristoranti situati sulle spiagge del Mediterraneo. Aderendo all’iniziativa #BarForTheSea, i bar si sono impegnati a combattere l’inquinamento delle plastiche marine e a dare il proprio contributo alla protezione degli ecosistemi marini del Mediterraneo, adottando specifici accorgimenti (eliminazione delle bottiglie di plastica di asporto, limitazione vendita dei prodotti con imballaggio eccessivo, incremento annuale del vuoto a rendere per le bottiglie di birra e di acqua).

In soli 3 mesi, sono state risparmiate 3 tonnellate e mezzo di plastica, pari a 91mila metri cubi. Per dare una misura visiva dell’operazione, si è evitata la formazione di un’isola di plastica pari a 36 chilometri quadrati, superiore alla superficie de La Maddalena e Caprera nel nord della Sardegna.

Le attività di sensibilizzazione continuano, ricorda Piera Pala, tra i Clean up in spiaggia e lungo le coste con i cittadini come con Puliamo la Sella e Plastic Hunt in Sardegna e con Plastic Free Med in tutto il Mediterraneo, con l’obiettivo di continuare a recuperare 10 tonnellate all’anno di plastiche tra costa e mare. Ma soprattutto limitarne l’utilizzo. “Perché il cambiamento più importante possa essere anche e soprattutto culturale e nelle nostre abitudini quotidiane”, conclude Pala.

Fondazione MEDSEA