Il team del Fuoco Sacro

Intervista al patron del ristorante gallurese premiato con la sesta stella in Sardegna, che parla anche di elicriso e di finocchietto selvatico. E della ricotta migliore

«La mia parola chiave in cucina? Costanza. Devi continuare nonostante gli errori a insistere e insistere. Solo così puoi capire gli errori e migliorarti, Mai perdersi d’animo». La perseveranza dello chef Luigi Bergeretto, patron de Il Fuoco Sacro, il ristorante gourmet del Petra Segreta Resort & Spa di San Pantaleo, è stata premiata.

Sua è la sesta e nuova stella che la Guida Michelin 2023 ha assegnato in Sardegna. Il ristorante gallurese si aggiunge ai riconoscimenti confermati dei colleghi Stefano Deidda del Corsaro di Cagliari, al suo settimo anno di fila, Italo Bassi del Confusion di Porto Cervo alla sua quinta volta di seguito e ai tre che hanno ricevuto l’ambito premio lo scorso anno: Salvatore Camedda del Somu di Baja Sardinia, Claudio Sadler del Gusto By Sadler di San Teodoro e Francesco Stara del Fradis Minoris di Pula.

Un anno fortunato per l’Isola, che attesta una qualità in costante crescita e tanta vivacità, anche grazie al nuovo ingresso nei premiati della Bib Gourmand: la trattoria Margherita di Arborea, accanto alle conferme della precedente edizione (Josto e Cucina.eat di Cagliari, Coxinendi di Sanluri, Hub di Macomer e Su Gologone di Oliena).

Per il romano Luigi Bergeretto l’arrivo nella profumata Gallura, con le eccellenti erbe aromatiche che usa nei suoi piatti, è il più recente tratto di strada di una vita che l’ha portato prima in Africa e poi fatto tornare in Italia, dove è diventato medico e ha lavorato per oltre 20 anni.

Ma era appassionato, da sempre, di cucina, e la nuova carriera era in agguato. Così negli anni ’90 si ritrova nel ristorante per amici al piano terra della villa di famiglia e anche su Rai 1 come medico-gastronomo a Uno Mattina. Nel 1996, nei Caraibi, sta a capo di cinque ristoranti e di una scuola di cucina. Vince il premio “Five Star Diamond Award” per la carriera e per il migliore ristorante italiano dei Carabi.

Poi il trasferimento in Sardegna con la moglie Rosella Marchese per creare un nuovo paradiso. L’unico Relais & Châteaux nell’Isola. «Siamo aperti dal 2008 e piano piano abbiamo alzato sempre più l’asticella dell’albergo quattro stelle – spiega -. Dopo qualche anno siamo diventati Relais & Châteaux e quindi passati a cinque stelle. Il ristorante è cresciuto di pari passo».

Orgogliosissimo di portare una nuova stella in Sardegna, lo chef era presente nei giorni scorsi in Franciacorta, insieme allo chef Alessandro Menditto in rappresentanza di tutta la brigata. Su di loro lo sguardo del miglior Chef Mentor 2023 con dodici stelle Michelin su otto ristoranti: un emozionato Enrico Bartolini, che quest’anno ha firmato con Bergeretto i menu de Il Fuoco Sacro.

Alla notizia del premio per chi è stato il primo pensiero?

«È stato per tutta la squadra: questi ragazzi hanno dato veramente tanto, da molti anni e in modo molto generoso. Sapevano, infatti, che stavamo rincorrendo la stella ma non sono mai rimasti delusi perché non arrivava, anzi hanno raddoppiato l’impegno».

Cosa è la passione per il suo lavoro? Un fuoco sacro?

«È veramente un fuoco sacro, qualcosa che mi ha preso da giovane ed è inarrestabile. Ho imparato da mia madre Elda, casalinga e brava cuoca che cucinava per una famiglia numerosa, e dai 13 anni in poi ho iniziato a seguirla e aiutarla. Ancora oggi, se sto lontano dai fornelli per una settimana, mi manca cucinare».

Il vostro cliente che valori cerca a tavola?

«Cerca semplicità e genuinità. Il nostro compito è quello di fare una cucina autentica che non sia troppo manipolata, perché il cliente vuole gustare la materia prima e il nostro compito è esaltarla senza inquinarla. Sono appassionato delle nuove tecniche in cucina ma quando finalizzate a questi valori».

Bartolini e Bergeretto
Enrico Bartolini (a sinistra) con Luigi Bergeretto a Petra Segreta

Chef e imprenditore, e si occupa personalmente della fattoria da cui trae materie prime e carne per la cucina, come concilia i ruoli?

«Abbiamo due persone molto valide, una per l’orto e l’altra per gli animali, che ci aiutano nella conduzione delle attività e mi sollevano da alcuni impegni quotidiani».

E com’è la sua giornata tipo?

«Mi alzo, faccio un giro in fattoria poi vado a fare spesa se serve. Poi in albergo a seguire le preparazioni e in generale i preparativi in hotel. Poi la sera sono più coinvolto in cucina sia nella preparazione dei piatti che nella loro uscita secondo come dico io».

Usa molte erbe in cucina ma ce n’è una locale di cui non può più fare a meno?

«Una è il finocchietto selvatico che qui in Sardegna è di un’espressione meravigliosa e l’altro è l’elicriso, che ha un profumo veramente accattivante».

Invece quali vitigni di Sardegna ama usare nelle preparazioni?

«Usiamo moltissimo il Vermentino di Gallura, poi anche il Monica che è del sud e che si lega molto bene alla cottura delle carne».

Con sua moglie Rosella avete trovato un luogo dove esprimere la vostra idea di accoglienza ricercata accoppiata a uno stile di vita naturale. Qual è il suo punto di vista sulla sostenibilità?

«Siamo attentissimi, mia moglie ancora più di me. Stiamo cercando di ottenere la Stella verde, innanzi tutto nel trattamento dei rifiuti e nell’organico da utilizzare nell’orto. Poi non adoperiamo sostanze chimiche nell’orto. Usiamo ortica macerata per un mese che viene poi filtrata per un’acqua nebulizzata contro i parassiti».

Il patron di Fuoco Sacro e neostellato chef Luigi Bergeretto
Luigi Bergeretto

La Gallura è diventata la sua casa: qual è il suo piatto territoriale preferito?

«Mi piacciono molto i ravioli di ricotta con sugo di pomodoro fresco: hanno, come segreto, la qualità della ricotta usata. Vengo da Roma e da noi la ricotta è molto buona ma in Gallura è superiore, la migliore che abbia mai conosciuto».

C’è qualcosa che manca nella ristorazione isolana?

«Se devo dare una visione dall’esterno un po’ di complicità tra i vari operatori. Spesso c’è un po’ di gelosia e ciò è negativo per uno sviluppo globale dell’isola e di una gastronomia con tanti prodotti di eccellenza, anche se spesso non trattati come si deve. Ci vorrebbe più coinvolgimento per fare squadra. Personalmente ho fatto cene a più mani con diversi chef isolani».

Quanto alle collaborazioni, come evolverà la sua con Enrico Bartolini?

«Ho un grandissimo affetto e rispetto per le sue capacità. È un grande chef e un grande imprenditore, mi ha convinto di tante cose di cui ero dubbioso, come rendere ancora più elegante il ristorante e il menu. Il suo contributo è stato fondamentale per quel passo in più per la stella».

Torniamo un attimo alla mamma Elda: c’è un segreto in cucina imparato da lei che puntualmente utilizza?

«Ci sono tanti piatti di mia madre, uno in modo particolare è un tortello ripieno di genovese di capretto ma lei li faceva ripieni di faraona».

Dove si vede il prossimo anno?

(Ride) «Sempre al lavoro ma spero con maggiore sollievo. Anche se dicono che si deve lavorare di più dopo la stella».

Manuela Vacca

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